Il tempo dei tatuaggi – Storia sulla pelle vintage di Emilio Colonna
“Ho l’orologio che va avanti di tre ore ma non sono mai riuscito ad aggiustarlo. Così da Los Angeles mi sono trasferito a New York.” S.A.W.
Un citazione rubata dal mondo degli orologi, perché nel racconto di oggi c’è Emilio Colonna ex commerciante di alta orologeria per ben 25 anni quando ancora non era di moda vendere orologi usati.
Originario di Sorrento ma nato e cresciuto a Roma, tra le varie passioni di Emilio oltre agli orologi ci sono il mare e l’artigianato. Nel suo tempo libero, per alcuni anni della sua vita, si occupò del restauro di barche d’epoca italiane.
Il lavoro manuale continua a tutt’ora a fare parte del suo quotidiano, infatti dodici anni fa ha trasformato la sua orologeria in una bottega d’artigianato made in Italy. Il negozio si chiama
Nato Vintage Style: Il luogo dove la pelle nasce vintage.
Come si intuisce dal nome il covo di Emilio è un laboratorio di pellame situato in una laterale di Viale Libia a Roma.
Nel suo negozio si svolge la nostra intervista circondati da cinturini in pelle per orologi, vecchie borse griffate ma ancora in vera pelle come sottolinea, oggetti vintage e tanta passione accompagnata da gentilezza.
Emilio a colpo d’occhio è un personaggio in simbiosi con il suo spazio, fazzoletto intorno al collo, lunga barba bianca, un buon Levis 501 addosso con tanto di scarponi in pelle ai piedi, camicia, bracciali colorati, orologio vintage al polso, una coppola in testa e le braccia piene di tatuaggi.
Ci accomodiamo e dopo aver chiacchierato inizialmente di orologi, visto che a quanto pare questi meccanismi che provano a misurare il tempo affascinano entrambi, iniziamo con le domande che ci porteranno al racconto della storia sulla pelle di Emilio Colonna.
Un racconto che parte dal suo essere un pellettiere per poi finire nelle storie scritte sulla sua stessa
pelle attraverso i tatuaggi. Iniziamo.
F: “Perché hai scelto di lavorare la pelle?”
E: “Ho scelto la pelle perché lo considero un materiale nobile. È affascinante modellarla, invecchiarla, colorarla.
Quando realizzo un accessorio cerco di dare un’impronta personale, mia o del cliente che mi commissiona il lavoro.
La pelle può essere lavorata in un’infinità di modi, recuperando anche il vecchio pellame come da quelle borse che vedi lì su quella poltrona. Per fortuna c’è chi apprezza ancora la qualità di un materiale antico e resistente come la pelle e con il vintage che oggi è tornato di moda ho la possibilità di avere anche diversi clienti giovani.
Naturalmente collaboro anche con importanti realtà nel mondo della moda e sostenitrici del made in Italy tipo Squarzi. Non so se conosci questo tipo di realtà?”
F: “Se è lo Squarzi che penso io dove nei suoi negozi i vestiti si ispirano ai suoi campionari vintage, direi di sì. Lui ha una bellissima maniera di raccontare i capi vintage.
Nel suo archivio chissà quante storie potrebbero raccontare quei vestiti, anche lui tra l’altro appassionato di orologeria. Ricordo inoltro una sua foto pubblicata su Instagram dove aveva messo in cornice la prima giacchetta di Jeans e un piccolo denim indossati da sua figlia. Quel quadro lo trovo a tutt’ora di una poesia unica. Quanta vita c’è in quei vestiti? Lo immagino lì mentre teneva in braccio la figlia con quei vestiti piccolini addosso, lei che ora è una ragazza grande ma quei capi sotto vetro sono sicuro riaccendo ricordi, fermano un momento e i profumi di una famiglia.
Se è lui, allora direi che so di chi parli. Inoltre Alessandro è nella mia lista, avendo anche lui le braccia tatuate mi piacerebbe raccontare, come nel tuo caso, il suo lavoro, la sua passione e la sua persona attraverso i suoi tatuaggi.
Vediamo se mi darà udienza. Ah nella mia lista c’è anche il suo cappotto Winston MA657 blu oltre ad un tuo cinturino per uno dei miei orologi. Ma questa è un altra storia.”
Sorridiamo entrambi ed Emilio continua il suo racconto:
“Visto che hai citato i cinturini e sarà per me un piacere accogliere la tua richiesta devi sapere come nasce un cinturino in Nato Vintage Style. Negli ultimi trent’anni di lavoro, la maggior parte dei quali dedicati alla ricerca e compravendita di orologi di grandi marche, moderni, usati e vintage, mi ha permesso di conoscere e apprezzarne la struttura meccanica, la storia, l’equilibrio tra dimensione, materiali e colori di questi oggetti.
La colorazione di quadranti e lancette sono tutti dettagli che per quanto piccoli sono importanti.
Tutto ciò mi ha reso ricco di un’esperienza visiva grazie alla quale, riesco ora ad immaginare un pellame,
un colore ed una forma di invecchiamento consona all’orologio che ho di fronte.
La mia passione è diventata un nuovo lavoro e questo privilegio di scegliere lo condivido con gioia insieme ai miei clienti.
Spesso in negozio la realizzazione di un cinturino inizia scegliendo insieme al committente il pellame di base, esclusivamente tra quelli conciati al vegetale in fossa. Decidiamo poi il colore delle cuciture e l’invecchiamento che verrà generato con delle cere d’api colorate, questo genera poi una sintonia tra l’orologio e la sua storia.
Naturalmente questa filosofia si estende al resto dei manufatti da noi realizzati offrendo così un servizio personalizzato ad ogni singolo cliente. Credo che solo questo modo di approccio con una realtà antica come l’artigianato può regalare quella piacevole ed esclusiva sensazione di unicità a ciò che si indossa.”
F: “Ti manca non occuparti più di orologi?”
E: “Mi ha dato tanta soddisfazione quel lavoro, avevo a che fare con gente che aveva un apprezzamento forte per l’oggetto in sé, in anni in cui l’orologeria meccanica era in forte crisi. Negli anni 70-80 con l’avvento dei quarzi, questi movimenti giapponesi molto precisi e funzionanti con una semplice batteria la comandavano.
Si piegarono anche gli svizzeri, pensa solo agli Swatch fatti di plastica, con questo movimento a batteria che non necessitava di particolare manutenzione e senza dubbio era meno costoso da produrre rispetto ad un calibro di manifattura… insomma facendo due semplici conti le vendite degli orologi meccanici crollarono. In Italia però il mercato degli orologi meccanici usati reggeva e inoltre la cultura tra gli appassionati era altissima.
Negli anni 80 l’Italia era il primo paese al mondo come opinion leader in questo settore. Diversi stranieri chiedevano consulenza a noi per determinati orologi perché in fondo la grande orologeria di qualità resta comunque solo quella meccanica.
Inoltre la ricerca degli orologi da vendere mi permetteva di andare diverse volte in America un paese che amo e con una forte cultura del vintage. Mi sono ritrovavo spesso a Miami, a New York e ho conosciuto tantissime persone.
Il rapporto umano era ancora forte, in quegli anni si poteva ancora chiudere un affare con una stretta di mano.
Il 2011 a mio parere fu un anno nero per il mio settore.
Il mercato cominciò a cambiare, dopo anni di crisi economica gli affari non avevano più lo slancio di prima, alcuni valori umani si indebolivano, la vendita dei falsi aumentava e probabilmente ero stanco anche io della direzione che stava prendendo il mio settore; così con consapevolezza e senza rimpianti in quell’anno chiusi la mia attività di compravendita. Basta con gli orologi. In realtà era un arrivederci.
Infatti a livello lavorativo sono ancora molto vicino a questo settore, ora realizzo e vendo cinturini in pelle sempre per questi oggetti che con arroganza provano a contare il tempo. Ho solo ridotto la mia nicchia di mercato in una più specifica, infatti sono convinto che non è da tutti offrire un servizio di realizzazione sartoriale su ogni singolo cinturino.
In conclusione per rispondere alla tua domanda: No, non mi manca vendere orologi.
Sono contento di aver visto cose bellissime ed essermi goduto anche gli anni migliori del mercato di questi accessori a prezzi probabilmente ancora umani ma ora, molto semplicemente, faccio l’artigiano.
Lavoro la pelle con i miei ritmi, nel mio spazio e mi piace.”
F: “E i tatuaggi? Quando arrivano i tatuaggi nella vita di Emilio Colonna?”
E: “Tardi. I tatuaggi di Emilio Colonna arrivano tardi.
Il mio primo tatuaggio l’ho fatto a 35 anni qui a Roma.
Volevo provare questa esperienza e parlando dell’argomento con un mio amico vengo a mia volta indirizzato da un suo amico che aveva iniziato a tatuare in uno studio “amatoriale”, diciamo così.
Ricordo ancora questa stanza con questo “ragazzetto” che all’epoca era una “schiappa” alle prime armi. Io penso di essere stato uno tra i suoi primi clienti. Ora è diventato qualcuno mi pare si chiami Sergio Messina. Naturalmente si scherza, anzi lo saluto con affetto se leggerà questo articolo.”
F: “Che tatuaggio è?”
E: “Per come sono fatto io, lo stile che a me piace è l’old school e scelsi qualcosa di legato al mare.
Mi tatuò sul mio braccio una sirena su uno scoglio. Era agli inizi Sergio ma è tatuaggio che mi piace ancora molto. Questo fu il mio primo tatuaggio e poi ne arrivarono altri di cui molti realizzati durante i miei viaggi di lavoro.
Molti sono Made in America. Non conoscevo tatuatori particolari ma sceglievo magari un tattoo studio per il piacere di tatuarmi là, in quel preciso momento e in quel posto. Ricordo per esempio le volte che entrai in uno studio a Brooklyn, così a simpatia, sceglievo un soggetto sulle tavole o sulle pareti e mi godevo l’esperienza oltre a riempire il mio braccio di tatuaggi.”
Emilio inizia a sorridere.
F: “Tutto old?”
E: “Sempre old, solo una volta nel mio percorso da tatuato ho avuto uno scivolone.”
Sorridiamo e non posso rifiutare questo invito di Emilio alla successiva domanda:
F: “Addirittura scivolone, quale è questo povero tatuaggio incriminato e oggetto di pentimento?”
E: “Eravamo verso la fine degli anni 90 ed ero in una convention dove decido, sempre a simpatia, di farmi tatuare da un tatuare conosciuto nell’occasione dell’evento. Lui però realizzava tribali e mi convinco a farmi fare questo tribale sempre su un braccio. Non mi convinceva dall’inizio, non era un pezzo per me e infatti qualche anno dopo essermi chiesto per l’ennesima volta: ma che ci faccio io con questo tribale sul braccio? mi sono deciso a coprirlo con questa aquila old. Un grande classico in onore anche dell’America e a tutti i momenti passati in quella terra che porto con me.
Rimane comunque l’unico tatuaggio che ho coperto.”
F: “Hai mai avuto problemi nel tuo lavoro a causa dei tatuaggi?”
E: “Io ero comunque fortunato perché sono sempre stato abbastanza indipendente, non lavoravo in un settore pubblico o con un dress code imposto anche se l’etichetta era importante. Vendevo orologi costosi e la maggior parte dei clienti erano comunque signori di una certa età cresciuti in un’Italia dove il tatuaggio non era ancora così popolare.
Nel mio caso specifico comunque io vestivo elegante, infatti indossavo prevalentemente giacca e cravatta e questo mi portava inevitabilmente a coprire le braccia tatuate. C’è da aggiungere che i miei tatuaggi arrivarono tardi, non ero più un ragazzino a inizio carriera ma ero già conosciuto nel mio settore e dalla mia clientela.
A quei livelli la fiducia di certo non dipendeva se ero tatuato o meno. Quindi sostanzialmente da una parte non ne facevo mostra io, dall’altra ogni anno che passava diventava sempre un cosa più tollerata e per questo posso risponderti che non ho mai avuto problemi con i miei tatuaggi in ambiente lavorativo. Al massimo ricordo che in estate, quando rigiravo le maniche della camicia per l’eccesivo caldo, qualche cliente mi fissava in maniera palese le braccia e scherzosamente chiedevo se ancora concentrato sull’orologio o era distratto dai tatuaggi ma era tutto detto in maniera simpatica.
Questo poi avveniva giusto i primi anni e solamente nel periodo estivo, altrimenti le mie braccia tatuate era difficile vederle.”
Sorride Emilio e incalza:
“So già dove vuoi arrivare e tu ora mi vedi con le mani completamente tatuate ma questi tatuaggi sono arrivati molto più tardi.”
F: “Ti va di raccontarmi questi tatuaggi sulle mani?”
E: “Questi almeno i primi e un dorso per volta sono cominciati ad arrivare nel 2011. L’anno in cui ho smesso con gli orologi e mi sono dedicato alla lavorazione del pellame.
Avevo 61 anni e furono un punto di rottura proprio.
Le mani sono una cosa forte da tatuare, almeno nella mia visione.”
F: “Come mai un veliero e una pantera?”
E: “Una pantera aggressiva quasi a voler scacciare quel periodo nero, questa rottura impegnativa con la mia vecchia attività dopo quasi 30 anni e poi per dirla tutta : alla mia età e nel mio laboratorio di pellame di certo non devo rispondere a nessuno del mio dress code.”
F: “Il veliero penso di immaginare a cosa sia legato ma preferisco sentirlo dire da te.”
E: “Eh volevo avere vicino sempre qualcosa che mi ricordasse il mare. Scelsi Debora (Necci) che saluto anche lei con affetto per tatuarmi questi dorsi che a tutt’ora mi tengono compagnia. Finiti i dorsi piano piano ho continuato a riempire le mani infatti arrivarono i primi simboli sulle dita ognuno con un suo significato.
Per farti qualche esempio sulle mia dita vedi disegnato ago e filo a indicare il mio attuale lavoro dopo la mia “rottura”.
Ci sono tatuati dei baffi stilizzati per ricordare un amico che ora non c’è più e anche due iniziali di ben due ex-mogli di cui una scritta in lingua indiana. Segni che sono qui e che resteranno lì perché fanno parte della mia vita, sono il mio passato e tutti i miei ricordi.”
F: “Emilio intanto grazie di avermi accolto nel tuo laboratorio e negozio, è stato piacevole aver chiacchierato di orologi e vestiti vintage oltre al fatto di aver ascoltato la tua storia descritta anche attraverso i tuoi tatuaggi.
Ora per concludere la nostra intervista manca un’ultima domanda, che poi chiedo a tutti quelli che stanno partecipando a questo progetto che poi è l’anima del sito.
Quindi prima di salutarci ti chiedo come ultima domanda se ti va di raccontarci la tua storia sulla pelle?
Come avrai capito intendiamo un tatuaggio con una sua storia particolare o a cui sei particolarmente legato. Non so se deciderai di approfondire uno di quelli già citati o cercare in un altro tuo ricordo disegnato sulla pelle, ma visto che storie sulla pelle è un sito che custodisce anche ricordi ti ringrazio in anticipo per averli condivisi con noi.”
E: “Grazie a te di essere venuto fin qui a Roma nel mio negozio per sentire la mia storia che non è nulla di che infondo.
Ti saluto accennandoti la storia di un tatuaggio che però racchiude una cosa troppo grande e bella da descrivere solo con le parole. Sarebbe difficile anche da riassumere visto che racchiude una vita.
Questa è una cosa che forse un giorno anche tu o comunque la si può capire solo quando la si prova e non è tra i tatuaggi descritti prima. Io, questa cosa, ho provato a racchiuderla in una sola parola ed è a tutt’ora il tatuaggio a cui tengo di più.
Mi sono scritto la parola papà in inglese quando è nato mio figlio.
Una semplice parola con un significato enorme, profondo, tatuata su una pergamena vicino ad una vecchia ancora tatuata in precedenza. Penso che non ci sia da aggiungere altro.”
F: “Tutte le storie racchiudono la vita e mi trovi d’accordo con la tua ultima affermazione,
direi anche io che non serve aggiungere altro.
Ci rivedremo quando tornerò a Roma per quel cinturino.”




















































